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Le prescrizioni di comportamento nella terapia breve strategica
di Roberta Iannuzzo


Dott.ssa Roberta Iannuzzo
Psicologa.

Le prescrizioni di comportamento nella terapia breve strategica

L'obiettivo primario della Terapia Breve Strategica (TBS), diversamente da altri approcci, non è identificare la cause che portano il paziente a chiedere aiuto ma definire le tentate soluzioni messe in atto.
La direzione, infatti, è quella di delineare le soluzioni disfunzionali che la persona ha tentato così da porvi fine mediante un insieme di strategie comunicative ed esperienziali.
A questo proposito Milton Erickson, tra i padri dell'approccio breve strategico, sosteneva che il fine ultimo della terapia fosse il cambiamento personale. La TBS si orienta, infatti, verso la trasformazione (ristrutturazione) delle cognizioni partendo dalle nuove esperienze vissute dalla persona che in linguaggio strategico vengono definite esperienze emozionali correttive.
Per ottenere questo cambiamento, il terapeuta breve strategico si avvale delle prescrizioni di comportamento.
Si tratta di veri e propri compiti, di indicazioni comportamentali che il terapeuta assegna al paziente con l'obiettivo di consentirgli la sperimentazione di nuovi vissuti, nuove esperienze concrete che vivrà al di fuori del setting e che andranno a modificare il suo sistema percettivo-reattivo conducendolo, poi, al cambiamento.
Le prescrizioni sono particolarmente importanti anche perché costituiscono dimostrazione delle capacità del paziente di modificare la propria situazione problematica, attivamente, nelle sue normali attività quotidiane, senza la presenza diretta del terapeuta.
Ciò accade indipendentemente da "trabocchetti comportamentali" che può adottare il professionista, che il paziente ne sia consapevole o meno, perché "una volta vissuta, tale esperienza è la tangibile e ineluttabile prova, concreta e reale, della sua possibilità di superare le proprie difficoltà". Questo conduce inevitabilmente "all'apertura di nuove prospettive di percezione e reazione nei confronti della realtà problematica, in altre parole alla rottura del meccanismo di azioni, retroazioni e tentate soluzioni che mantengono la situazione problematica" (Watzlawick, Nardone, 1990).
Le prescrizioni possono consistere in semplici compiti da eseguire a casa, in precisi rituali o in azioni apparentemente non correlate al problema presentato e si dividono in tre tipologie:
  1. Prescrizioni dirette: sono le ingiunzioni dirette e chiare su azioni da compiere, orientate alla risoluzione del problema presentato o al raggiungimento di obiettivi progressivi di cambiamento. Vengono prescritti comportamenti specifici da adottare per fronteggiare la situazione problematica, al fine di neutralizzare i meccanismi che la mantengono attiva. Tali prescrizioni si dimostrano efficaci nei confronti di pazienti collaborativi e che non presentano resistenze;
  2. Prescrizioni indirette: sono i compiti che, mediante la tecnica ipnotica dello spostamento del sintomo, direzionano l'attenzione del paziente su altra situazione problematica, con il risultato, spesso, di ridurre o annientare l'intensità del sintomo portato in terapia. Si tratta di indicazioni "trabocchetto" di cui il terapeuta si serve all'insaputa del paziente. Un'analogia nota è quella del prestigiatore, adottata da Watzlawick, che nel mettere a punto il trucco nascosto, canalizza l'attenzione del pubblico sui movimenti più evidenti al fine di sorprenderli con l'illusione finale. Possono essere indicate, ad esempio, per pazienti fobici. Risultano molto utili nei casi di pazienti con resistenze al cambiamento;
  3. Prescrizioni paradossali: si tratta della prescrizione del sintomo; da qui il paradosso. Nello specifico, si richiede di non tentare di interrompere il sintomo. L'eseguire in maniera controllata e volontaria il sintomo tende ad annullarlo, per la natura stessa del sintomo, che in quanto tale deve essere spontaneo e non controllabile. Queste prescrizioni sono particolarmente utilizzate nei casi di ossessioni, comportamenti compulsivi e si sono rivelate particolarmente indicate per pazienti con resistenze al cambiamento.
A seguito dell'adozione da parte del paziente di ogni prescrizione, a prescindere dalla tipologia utilizzata, è molto importante che vi sia una definizione condivisa del risultato e che gli venga fornita la giusta gratificazione per il lavoro svolto.
Fondamentale, inoltre, portare all'attenzione del paziente due aspetti: come problematiche che sembravano insormontabili siano state superate e quanto lui abbia costituito parte integrante e attiva del processo. Quindi, del cambiamento.
Riferimenti
  • Watzlawick P., Nardone G., L'arte del cambiamento, Ponte alle Grazie, 1990.
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