Psicoterapia Cognitiva e Ricerca segue l'indirizzo teorico psicoterapeutico cognitivo-comportamentale.
Secondo questo indirizzo, l'attività mentale è descrivibile in termini di cognizioni accessibili alla coscienza umana.
Alcune di queste cognizioni generano sofferenza psicologica ed emozionale a causa del loro contenuto disadattativo.
Queste cognizioni o credenze distorte (biased beliefs) giocano un ruolo considerevole nella predisposizione, nello scatenamento e nel mantenimento di alcuni disturbi psichici descritti sia dal manuale diagnostico dei disturbi mentali (DSM-IV, American Psychiatric Association, 1994).
Queste cognizioni psicopatogene sono modificabili attraverso l'uso, da parte di operatori esperti e che abbiano seguito una formazione specifica, di una definita serie di tecniche psicoterapeutiche di tipo ostensivo ed esplicito, ampiamente note nella comunità scientifica psicologica e psichiatrica internazionale come tecniche di Psicoterapia cognitiva (Hollon e Beck, 1994).
Queste tecniche possono essere definite come tecniche di scoperta guidata e di esame critico delle basi empiriche e logiche degli stati emozionali disturbanti e delle convinzioni distorte, di maieutica socratica di nuove convinzioni più adattative, di esposizione guidata alle situazioni disturbanti, di insegnamento di tecniche di auto-analisi e problem-solving da utilizzare fuori della seduta terapeutica (Barlow e Cerny, 1988; Beck, 1976; D'Zurilla e Goldfried, 1971; Ellis, 1962; Meichenbaum, 1977; Semerari, 2000).
Queste tecniche vanno messe in atto in una cornice di collaborazione e fiducia tra paziente e terapeuta (Safran e Segal, 1990; Semerari e Di Maggio 2003).
La terapia vede anche la costruzione insieme al paziente delle alternative possibili funzionali e non portatrici di sofferenza, alle credenze disfunzionali.
Le principali credenze disadattative per lo sviluppo dei disturbi sono quelle del cosiddetto perfezionismo patologico, del rimuginio, del timore dell'incertezza e del bisogno di controllo.
Numerosi studiosi di area anglo-sassone (Borkovec, Ray e Stöber, 1998; Butler e Matthews, 1983, 1987; Burns, 1980; Calvo, Eysenk e Castillo, 1997; Calvo, Eysenk e Estevaz, 1994; Frost, Marten, Lahart e Rosenblate, 1990; Hamachek, 1978; MacLeod e Cohen, 1993; Mathews, Richards e Eysenk, 1989; McNally e Foa, 1987; Pacht, 1984; Richards e French, 1992, 1995; Tomarken, Cook e Mineka, 1989) e italiana (Crosina, 1990-2001; Lorenzini e Sassaroli, 2000; Ruggiero, Ciuna, Levi e Sassaroli, 2003; Sassaroli e Ruggiero, 2005) hanno ipotizzato o dimostrato il ruolo di queste costellazioni di convinzioni nella predispozione, nello scatenamento e nel mantenimento dei disturbi psichici per i quali la Psicoterapia cognitiva è stata provata efficace, e in particolare nei disturbi d'ansia e alimentari.
La teoria cognitiva ha prodotto modelli teorici specifici per i singoli disturbi: i modelli di Clark (1986; 1988; 1997) e Clark e Wells (1995) per i disturbi d'ansia; di Salkovskis (1985; 1989) e Salkovskis e Kirk (1997) per il disturbo ossessivo; e di Fairburn (1997) e Fairburn, Shafran e Cooper (1999) per i disturbi alimentari.