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Intervista al Dott. Andrea Rambaudi: Psicologia Individuale Comparata

Intervista al Dott. Andrea Rambaudi: Psicologia Individuale Comparata
La complessità dell'umano, dalle mete fittizie alle mete reali
di Redazione

Dott. Andrea Rambaudi
Psichiatra, Psicoterapeuta, Analista Predidatta della Società Italiana di Psicologia Individuale (SIPI), Direttore della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Psicodinamica (SAIGA), Supervisore clinico Centro Pilota Regionale per i Disturbi del Comportamento Alimentare, Dipartimento Neuroscienze, Azienda Ospedaliero-Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino; Tutor della Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell'Università di Torino.

Intervista al Dott. Andrea Rambaudi: Psicologia Individuale Comparata

1) Dottor Rambaudi, cosa si intende per Psicologia Individuale Comparata e quali sono gli insegnamenti cardine dell'orientamento che caratterizza la formazione proposta da SAIGA?
Per Psicologia Individuale Comparata si intende una Psicologia del profondo che consideri l'uomo nella sua dimensione intrinsecamente relazionale, nonché nella sua complessità e nella sua unicità, nel senso di una non divisibilità in parti, con un chiaro riferimento critico alle topiche freudiane, che Adler viveva come modelli "meccanicistici".
Adler sottolineava l'individualità dell'uomo nell'accezione di "non diviso", evidenziando come la comprensione del paziente dovesse passare attraverso l'accesso alla complessità e non attraverso la frammentazione in parti.

La formazione proposta dalla SAIGA si fonda sulle conoscenze psicodinamiche, cliniche, psicopatologiche, evidenziando quanto la comprensione del disagio psichico debba passare attraverso un modello di valutazione biopsicosociale dell'individuo.
Riteniamo fondamentale la formazione al riconoscimento diagnostico degli aspetti strutturali e psicopatologici della personalità, per modulare interventi dal polo supportivo a quello espressivo a seconda delle necessità. Riteniamo inoltre fondamentale, per gli aspiranti terapeuti, lo stimolo all'orientamento attraverso i propri vissuti emotivi, con l'acquisizione di consapevolezza delle dinamiche di transfert e controtransfert, nonché di atteggiamento e controatteggiamento, mediante lo strumento della supervisione e soprattutto del tirocinio emotivo.
2) Dottor Rambaudi, scorgendo i vostri programmi, tra la formazione pratica sono annoverati il tirocinio clinico e il tirocinio emotivo, qual è la ragione che sottende tale distinzione?
Il tirocinio clinico consiste nella frequentazione da parte degli allievi della scuola di strutture ove si pratichi la psicoterapia in contesti clinici e nel contempo nella partecipazione a supervisioni di gruppo, durante le quali vengono affrontate questioni relative ad aspetti diagnostici in senso strutturale, psicopatologico, psicodinamico, relativi ai percorsi effettuati dagli allievi.

Il tirocinio emotivo consiste, invece, in un percorso di supervisione relativo ai vissuti evocati dai pazienti ai terapeuti in formazione, nel corso delle terapie da loro effettuate. Nelle nostre intenzioni corrisponde alla fase della "predidattica" nel percorso di formazione individuale degli aspiranti analisti. Viene realizzato in forma di tirocinio emotivo individuale al secondo anno e di gruppo negli altri anni, con la finalità di consentire agli studenti di fruire anche delle esperienze emotive dei compagni di corso, in una dimensione di confronto e di rispecchiamento reciproco.
3) Da anni SAIGA, in collaborazione con altri enti di ricerca in ambito clinico, ha messo a punto/elaborato tecniche di intervento psicoterapeutico brevi come il B-APP (Brief Adlerian Psychodinamic Psychotherapy) e la SB-APP (Sequential-Brief Adlerian Psychodinamic Psychotherapy), può spiegare in cosa consistono tali tecniche, da dove hanno avuto origine e quali gli ambiti di applicazione delle stesse?
Le tecniche psicoterapeutiche B-APP e SB-APP consentono di realizzare modelli di intervento psicodinamico "time limited" che riescano ad attivare dinamiche trasformative e comunque significative in tempi ridotti, attraverso metodiche specifiche, validate sia come processo che come esiti, con l'individuazione di un "focus" che abbia le caratteristiche di una dinamica specifica, che venga declinata analogamente nei diversi aspetti della vita psichica e di relazione dei pazienti.
Queste tecniche hanno avuto origine dalla necessità di effettuare percorsi di psicoterapia in contesti ambulatoriali, in particolare per quanto riguarda la cura dei disturbi di personalità dell'adolescenza e dei disturbi del comportamento alimentare, con particolare riferimento a bulimia e anoressia.
4) Anche nella Psicologia Individuale si parla di inconscio, ma inconscio adleriano e inconscio freudiano sono la stessa "cosa"?
L'inconscio adleriano e l'inconscio freudiano non coincidono perfettamente, ma mostrano numerose analogie e significative differenze.
Analogamente al costrutto freudiano, la Psicologia Individuale è una psicologia del profondo e considera l'inconscio luogo dei conflitti dai quali originano le difficoltà esistenziali, nonché i sintomi e rispetto ai quali è fondamentale da parte dei pazienti la realizzazione di un insight cognitivo ma soprattutto emotivo.
La specificità dell'inconscio adleriano consiste nella contestualizzazione degli aspetti profondi nello stile di vita del paziente, caratterizzato dal movimento unico e irripetibile di ciascuno di noi verso una meta, che rappresenta l'orientamento motivazionale inconscio. Nel linguaggio adleriano vengono distinte le mete fittizie dalle mete reali e un percorso d'analisi consente, attraverso la relazione con il terapeuta, di accedere a queste ultime attraverso uno smascheramento delle prime, in una dimensione teleologica ovvero di movimento, di evoluzione, che caratterizza la vita psichica.
5) Dottor Rambaudi, cosa significa per lei essere Psicoterapeuta, e nello specifico uno Psicoterapeuta Adleriano?
Essere psicoterapeuta adleriano significa credere nel potere trasformativo della relazione come esperienza emotiva autentica e "altra" rispetto a quelle sperimentate dai pazienti nei confronti dei loro "caregivers".
La presenza e l'autentica disponibilità a prendersi cura dell'altro rappresenta la possibilità di fornire una risposta ai bisogni di tenerezza primaria dei pazienti, che rende possibili le dinamiche di cambiamento. Significa anche saper utilizzare gli aspetti della tecnica senza rigidità, con un approccio flessibile ma sempre rigoroso.
6) In base alla sua esperienza cosa "serve" per diventare Psicoterapeuta? Che tipo di "incoraggiamento" può dare agli Psicologi (o Medici) che stanno pensando di intraprendere il cammino verso la professione di Psicoterapeuta?
Per diventare Psicoterapeuta serve sviluppare la capacità empatica, ovvero la capacità di entrare in risonanza emotiva con i vissuti dei pazienti, pur rimanendo "altro" da loro. Adler a questo proposito diceva che il terapeuta deve "vedere con gli occhi del paziente, ascoltare con le sue orecchie, sentire con il suo cuore".
Serve riuscire a "stare" nella sofferenza dell'altro con aspettative di cambiamento a lui adeguate, e con tolleranza rispetto alle frustrazioni, in una dimensione di costante ascolto partecipe.
Come incoraggiamento agli aspiranti psicoterapeuti mi sento di dire che questa professione consente un accesso all'autenticità nella relazione, che anche nelle situazioni più impegnative e più difficili fornisce un profondo vissuto di crescita, non soltanto per i pazienti ma anche per i terapeuti stessi. Aiutare i pazienti ad avvicinarsi alle loro dinamiche più profonde rappresenta anche uno stimolo ad una dimensione di costante contatto con la nostra parte più autentica.
Intervista realizzata dalla
Redazione del Centro HT


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