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Il formatore e la mediazione scolastica interculturale
di Vittorio Neri


Ne' io ne' l'altro siamo al centro dell'universo:
al centro vi e' un terzo: la relazione tra io e tu.

(Von Foester, 1987)
Il mosaico educativo: una metafora per inziare
Ho provato ad immaginare in modo un po' insolito il "ruolo del formatore".
Mi e' venuta in mente l'immagine di un Mosaico, di un mosaico come costruzione di un disegno che esiste nella mente del Maestro e si inserisce in un contesto piu' ampio.
Il Maestro che si appresta alla composizione di un mosaico presta la massima attenzione al colore, alla forma, al gioco di luci mentre prepara le tesserine da inserire.
Nella storia il mosaico e' anche l'arte del "recupero" di pezzi di pietre preziose, di ciottoli di particolare valore che altrimenti sarebbero andati perduti.
Ma per effettuare questo "recupero", questa scelta il maestro deve conoscerne le proprieta', deve in qualche modo avere gia' immaginato come collocare questi pezzi nel suo disegno ed essere pronto a scoprire le virtu' che l'accostamento delle parti gli offre in quel momento, a coglierne i suggerimenti che vanno oltre il suo disegno.
L'incontro tra l'energia contenuta in quel pezzo di pietra e il disegno del Maestro trasformano un semplice collage di tesserine colorate in una grandiosa opera d'arte.
Anche l'insegnante con i suoi allievi e' cosi un grande Mestro, il protagonista dell'incontro tra un disegno educativo-didattico e le energie vitali e confuse dell'adolescente.
Nel progetto che ci ha visti a fianco dei docenti in questi anni di "avvicinamento alla diversita'", siamo andati alla ricerca di qualcosa di piu': quella parte piu' nascosta ma sempre all'erta, quella della sfera emotiva e relazionale.
E' stato un percorso che in gran parte si e' riferito a quel livello "interiore" che quando entriamo nella scuola molto spesso pensiamo di poter lasciare fuori, quello che comunemente si definisce come identita'; ma che e' molto di piu', e' qualcosa che si costruisce attraverso il tempo, nell'incontro con l'Altro.
E dentro questa dimensione occorre fare attenzione ai significati nostri e dell'Altro, mettersi in ascolto di quello che succede in noi quando entriamo in relazione con l'altro.
Ecco allora che l'identita' diventa etnica nel momento in cui entra in contatto con la diversita' ed in primo luogo con la nostra diversita', e va a costituire quel luogo complesso dove si genera "la visione dell'altro", quel luogo che "contiene" tutti i possibili punti di connessione tra la mia esperienza e la storia dell'Altro...
E se l'altro appartiene anche ad un mondo altro, straniero, c'e' bisogno di mediare rispetto alle visioni del mondo, ai significati e alle diverse culture, per trovare forme possibili di cooperazione.
L'Intercultura rappresenta percio' l'incontro tra differenze, un costrutto intersoggettivo relazionale e variabile, e' una negoziazione di significati condivisi.
L'approccio al percorso formativo: una pratica di mediazione istituzionale
Non vi e' dubbio alcuno che nel corso degli ultimi anni la scuola sta incontrando non poche difficolta' a dare una direzione certa e sensata ai percorsi formativi dei ragazzi, e raggiungere dei risultati, e non perdere studenti, a dare eccellenza.
Le difficolta' a scuola portano e, al tempo stesso, sono il prodotto di una rimessa in gioco della professionalita' e del ruolo, di un sostanziale non - riconoscimento degli insegnanti da parte di studenti, di genitori e degli stessi colleghi.
I recenti fenomeni migratori hanno aumentato il livello di criticita' delle competenze didattiche e, per quanto concerne Genova e Provincia, le profonde trasformazioni sociali e della modalita' di relazione tra culture diverse hanno collocato la scuola e i suoi docenti in prima linea rispetto alle tematiche dell'accoglienza e dell'inserimento scolastico dei ragazzi stranieri, soprattutto adolescenti.
Le nuove criticita' che si sono presentate sono state cosi da un lato l'aumento della conflittualita', anche esasperata, e un rischio dell'aggravamento del fenomeno della dispersione e/o abbandono scolastico.
L'Istituzione Provincia si e' fatta promotrice di Servizi per l'accoglienza, di progetti per l'orientamento e di percorsi formnativi per i docenti, con l'obiettivo prioritario di attivare processi generativi di capacita' delle scuole di autopromuovere percorsi propri, di creare risorse interne e di mettere il tutto in rete, restituendo cosi responsabilita' e dignita' al ruolo di scuola e docenti.
Lo slogan, se vogliamo, e': "Non serve che qualcuno lavori al posto degli insegnanti, ma che vengano potenziati processi reali con gli insegnanti come protagonisti".
Anche la Mediazione Scolastica ha trovato un suo ruolo importante in questo processo di ristrutturazione, presentandosi come opportunita' di rimettere in gioco i docenti e la loro motivazione professionale, attraverso un corso di formazione.
E' il momento di ripercorrere il filo di questo percorso formativo a partire dal suo inizio, dal momento in cui il "Corso Biennale di Formazione alla Mediazione Scolastica e Interculturale" costruito attraverso la collaborazione tra Logos - Sviluppi delle risorse umane e il Centro Studi e Ricerche per la Mediazione Scolastica e Familiare ad Orientamento Sistemico di Castellanza (VA) (Direttore Dott.ssa Lilia Andreoli) viene proprosto dall'Assessorato all'Istruzione e alle Politiche Scolastiche della Provincia di Genova, che rappresenta il nostro Committente, agli Insegnanti delle Scuole Secondarie di II grado di Genova e Provincia, per rispondere a un loro bisogno.
La cornice istituzionale entro la quale si e' sviluppato il progetto e' costituita dal protocollo di intesa siglato nel 2002 tra l'A.I.M.S., rappresentata in sede Regionale da Logos, e il succitato Assessorato.
Il bisogno, ravvisato da parte di molti docenti, era di comprendere e gestire la complessita' portata dentro le classi da alunni adolescenti, in particolare stranieri, di individuare strategie di approccio nella relazione con l'adolescente e il suo disagio, di gestire conflitti connessi all'eta' adolescenziale e all'intreccio tra esperienze educative e fenomeno migratorio, anche a livello di rapporto con le famiglie.
Il mandato istituzionale e' stato percio' quello di formare una figura di referente per la mediazione nelle scuole superiori rispetto all'emergenza rappresentata dalla difficolta' di integrazione degli alunni stranieri, attraverso un offerta formativa trasversale.
Nell'approfondire l'analisi della domanda e' stato possibile definire con piu' precisione l'ambito entro il quale sviluppare il processo formativo di funzioni di referenza per alunni, famiglie e colleghi di lavoro: il tema dell'accoglienza del disagio scolastico, finalizzato agli obiettivi dell'orientamento dei ragazzi in un ottica di prevenzione della dispersione scolastica o dell'abbandono scolastico.
Inoltre nel fare questo lavoro di chiarificazione con i Referenti Istituzionali diretti, l'Uffizio Scolastico Regionale e il suo Centro Risorse Alunni Stranieri, e' stato necessario aprire uno spazio di mediazione rispetto ad un conflitto che si era delineato tra un modello formativo centrato sulla processualita', sull'allargamento del contesto di osservazione sulla complessita' e un modello di lavoro centrato sull'urgenza, sulla rapida soluzione, tramite strumenti appositi, dei problemi creati dall'emergenza e dall'allarme sociale, una cultura dell'intervento figlia del disagio degli insegnanti stessi.
La soluzione del potenziale conflitto si e' collocata nella ridefinizione della progettazione che, da "generica" e trasversale, si e' trasformata in un riconoscimento identitario dei bisogni dei soggetti e delle loro competenze gia' presenti, per cui, pur mantenendo un offerta formativa a una platea etrogenea di docenti, e' stata data la disponibilita' a lavorare sul campo, su richiesta dei partecipanti al corso, cioe' di fare supervisione diretta al Consiglio di Classe.
In una fase successiva l'Assessorato, attraverso il suo staff, ha lavorato per coinvolgere i Referenti Istituzionali indiretti, i Dirigenti d'istituto, affinche' promuovessero un'offerta formativa che diventava interna alle istituzioni e che, attraverso l'adesione volontaria, si andava trasformando in un bisogno.
All'inizio del percorso i nostri clienti ernao costituito da un gruppo di circa 35 insegnanti appartenenti ai diversi istituti scolastici e da alcuni Consigli di Classe, composti da gruppi di 10/15 insegnanti, appartenenti a singoli istituti scolastici.
L'obiettivo della maggior parte dei docenti era quello di acquisire strumenti di lavoro, trovare soluzioni certe a problematiche che destabilizzavano il corretto andamento dell'iter scolastico.
La nuova cornice entro la quale si e' sviluppato il percorso e' stata cosi quella di fare formazione alla mediazione scolastica e interculturale da un lato e dall'altro di fare supervisione di casi di alunni extracomunitari in difficolta'.
Il nostro ambizioso obiettivo di lavoro, nel rispetto del mandato, delle regole istituzionali e della contestualizzazione del processo formativo, e' stato quello di formare una figura di referente per la mediazione scolastica e interculturale che si ponga come facilitatore nell'interccio della relazioni dentro la scuola, tra scuola e famiglia e rete di servizi, come un "filo di Arianna" nel labirinto dell'adolescenza.
Il processo di lavoro: l'identita' professionale in movimento
Ripercorrendo il lavoro che il gruppo ha sviluppato lungo il percorso formativo e pensando ad esso come ad un processo trasformativo dell'identita' professionale, possiamo individuare e sintetizzare per punti alcuni passaggi significativi:
  1. Il bisogno iniziale di strumenti sicuri, di risposte certe, per affrontare l'ansia generata dalla diversita' nella relazione educativa, ha lasciato via via il posto alla capacita' di porsi domande, di ascoltare se' e gli altri, di trattare le differenze di costruire progetti.
  2. La frequente percezione / convinzione di subire aggressioni e vere e proprie ferite identitarie al se' professionale all'interno dell'ambiente - scuola ha spesso portato con se' l'insorgere di reazioni intense quali irrigidimento, isolamento, demotivazione.
    Il processo formativo ha promosso lo spostamento verso una nuova identita' professionale, di docente referente / aiuto per i colleghi, per gli allievi e le loro famiglie.
  3. Inoltre si e' realizzata la consapevolezza che le intense reazioni emotive spesso possono a loro volta provocare ferite identitarie sui ragazzi, sui colleghi, sulle famiglie, per esempio attraverso l'uso del giudizio o di una valutazione statica, o della lente del pregiudizio; e' emersa cosi la necessita' del passaggio ad una metodologia di valutazione dell'allievo come persona che ha una sua storia e sta facendo un suo percorso di crescita nella scuola, in una relazione circolare.
  4. Il processo tras/formativo ha coinvolto anche il livello delle appartenenze: da un appartenenza al proprio ruolo docente, in modo anche isolato, all'apertura verso forme di appartenenza in un gruppo di lavoro come risorsa professionale e personale.
    E' come se il percorso formativo si fosse occupato di mediare un conflitto interno al contesto scolastico, nella relazione tra docenti, ma forse interno anche allo stesso docente tra IN-SEGNARE, inteso come trasmettere/svolgere programmi/giudicare e E-DUCARE, inteso come costruire relazioni educative/costruire progetti/ valutare un percorso.
Il metodo: identita' e forme del sapere
La metodologia di lavoro ci richiama al come organizzare le tessere che compongono il mosaico: si tratta infatti di nuove tessere da inserire, ma anche di tesserine che possono avere un particolare valore e che bisogna "recuperare".
E' un lavoro che attraversa le differenti forme del sapere:
  1. Il SAPERE come conoscenza e acquisizione di strumenti di lavoro va collocato nel percorso formativo in una dimensione dove c'e' spazio anche per il proprio sapere, per la propria esperienza maturata nel tempo.
  2. Il SAPER ESSERE si connette al tema dell'identita' professionale e del ruolo: e' importante recuperare il senso della propria identita' professionale.
    Pensare alla professione come ad un pezzo della propria identita' da una dimensione di maggior rilievo anche al ruolo e da' spazio per far emergere le competenze professionali.
  3. Il SAPER FARE rimanda alla possibilita' di tradurre competenze, conoscenze e strumenti in un progetto dotato di senso e condiviso all'interno di un gruppo di lavoro e trasmissibile all'interno di una rete di alleanze professionali e istituzionali.
    Un altra dimensione del saper fare riguarda il processo di valutazione come passaggio, attraverso il doppio ascolto, del pre/giudizio all'osservazione dei movimenti dei ragazzi, tenendo conto delle loro storie e delle competenze che via via si sviluppano...
  4. SAPER STARE: come mi metto in relazione con l'altro? Cosa mi succede quando l'altro mi porta qualcosa che diventa in quel momento rilevante per me?
    E' l'esperienza del doppio ascolto, ascolto dell'altro e ascolto del se'.
    E' anche l'esperienza di come integrare la propria identita' professionale con altri, di come consentirsi di mettere nelle mani dell'altro pezzetti della propria identita': come vivo l'appartenenza rispetto ad un gruppo di lavoro?
    E' l'esperienza di come costruire e mantenere un'alleanza professionale.
  5. Il SAPER MEDIARE: si ricollega al tema: come trattare le differenze?
    Il punto di partenza del percorso formativo riguardava il come trattare la diversita', lo straniero.
    Ma la diversita' separa, crea barriere, mentre le differenze possono apportare punti di osservazione altri, aprono al mondo delle possibilita': ogni tessera del mosaico completa e abbellisce l'opera...
I temi di lavoro: identita' e incertezza nell'incontro tra culture
Se prendiamo in considerazione i temi emersi durante il lavoro formativo con il gruppo, li potremmo considerare come tappe di un percorso che si identificano in un passaggio fondamentale, da una relazione docente - allievo intesa come relazione tra soggetto e oggetto ad una relazione soggetto <---> soggetto.
In tal senso educare alla differenza significa incominciare a separare i compoprtamenti della persona e costruire una mappa nella quale il comportamento dell'allievo diventa un messaggio, una richiesta inserita dentro un processo di crescita di una persona, l'adolescente, dentro un percorso, la sua soria e dentro un contesto, la scuola, fondato sulla relazione educativa.
L'allievo da oggetto di apprendimento e valutazione, puo' diventare un soggetto interattivo.
L'insegnante puo' passare dal pre/giudizio all'osservazione dell'altro come elemento di una complessita' di cui egli stesso fa parte, una complessita' che si articola a partire dalla sospensione del giudizio, per entrare in un area di dubbio e di incertezza caratterizzata dal porsi delle domande sui significati connessi a cio' che sta accadendo e dal porsi in ascolto dell'altro e di se', per sviluppare un processo di conoscenza che si puo' realizzare solo tra persona e persona, cioe' nella relazione interpersonale.
Il linguaggio si connota come strumento per facilitare la relazione e, contemporaneamente, come manifestazione del territorio dell'esperienza individuale, sia sul piano cognitivo, sia su quello emotivo.
Il linguaggio, le narrazioni diventano allora un ponte tra le identita' e le esperienze individuali e occasione di apprendimento delle differenze, di incontro tra culture.
La dimensione interculturale riguarda il come ci predisponiamo all'ascolto dell'altro in un area di incertezza, nella quale ci siamo anche noi con il nostro modo di pensare e agire la relazione con l'altro.
L'incontro con l'altro, il diverso da noi e' anche, spesso, fonte di contraddizioni e di conflitti, che hanno il loro presupposto proprio nell'incertezza, e nei possibili malintesi legati al bisogno di difendere la propria identita' e di definire la relazione con l'altro dentro un contesto complesso come la scuola.
Il mosaico e la spirale: dall'osservazione al progetto
Il discorso interculturale si e' realizzato nel gruppo di formazione attraverso un percorso di mediazione narrativa, che, come nelle trame di un tessuto, ha visto l'intrecciarsi di pezzetti di storia personale con storie di altri, fino a diventare l'uno lo stimolo dell'altro.
Si prefigura cosi un "percorso a spirale" che vede il gruppo ritornare ad un momento di osservazione, ma, a questo punto, non piu' di un fenomeno, ma di una relazione tra interlocutori consapevoli all'interno di una cornice di riconoscimento reciproco delle identita' "singolari".
In particolare all'interno del consiglio di classe questo "percorso a spirale" consente agli insegnanti, partendo dalla descrizione degli eventi, di passare, attraverso l'esperienza e le emozioni "singolari", alla metacomunicazione sugli eventi stessi, al metalogo, inteso come metodo di conversazione basato sul fatto che "cio' che crea conoscenza e' la discontinuita', poiche' essa consente al soggetto di produrre differenze" (Busso, 2004).
Il metalogo consente cosi di passare dalla fase osservativa a una nuova fase, quella progettuale.
Pertanto il passaggio dalla semplificazione delle criticita' al bisogno di lavorare con la complessita' del contesto scolastico hanno sviluppato nei docenti l'attenzione e l'esigenza di curare in modo piu' efficace i progetti educativi sui ragazzi e di inserirli all'interno di una rete di interventi e di servizi che vadano a integrare e restituiscano senso al lavoro della scuola e all'identita' professionale del docente.
Nel procedere del lavoro di gruppo nel "percorso a spirale" dall'originale mandato per la formazione di un referente per la mediazione scolastica, il processo ritorna al punto di partenza con la restituzione di una figura di referente competente a disposizione dell'istituzione.
Il processo ora puo' ripartire per ulteriori obiettivi collegati alla mediazione nel contesto scolastico: la mediazione non e' piu' una mera applicazione di strumenti, ma un processo di senso che produce cambiamento.
Il referente costituisce allora l'anello di congiunzione tra i processi di trasformazione identitaria che riguardano l'individuo e la collettivita'.
Le tessere di un mosaico, pezzetti d'identita' da riconoscere, frammenti di storie da condividere, relazioni che connotano differenze, un quadro che acquista senso, un progetto che si dipana come una spirale che inizia un giro piu' ampio...
Bibliografia
  • Baldini M., Miola A., Neri P.A., Lavorare per progetti, Franco Angeli, Mi, 2002;
  • Busso P., Lotta e cooperazione, Armando Ed., Roma, 2004;
  • Contini M. G., Per una pedagogia delle emozioni, La Nuova Italia, Fi, 1992;
  • Dal Fiume G., Educare alla differenza: la dimensione interculturale nell'educazione degli adulti, E.M.I., Bo, 2000;
  • Morin E., I sette saperi necessari all'educazione del futuro, R. Cortina Ed., Mi, 2001;
  • Morin E., L'Identita' Umana, R. Cortina Ed., Mi, 2001;
  • Pinto Minerva F., L'intercultura, Laterza, Ba, 2002;
  • Schellenbaum P., La ferita dei non amati, Red Ed., No, 2002;
  • Von Foester H., Sistemi che osservano, Astrolabio, Roma, 1987.


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