Scuole e Corsi - Psicologia - Psicoterapia - Comunicazione, Marketing e Risorse Umane

Lo Psicodramma Freudiano
di Sebastiano Vinci


Lo Psicodramma Freudiano nasce, all'inizio degli anni '70, dalla rilettura ed elaborazione del metodo psicoterapico creato da Jacob Levi Moreno, ad opera dei coniugi Gennie e Paul Lemoine avvalendosi della teoria di Freud e dell'insegnamento di Lacan.
Moreno, che e' anche riconosciuto come colui che ha coniato per la prima volta il termine "psicoterapia di gruppo", propose un modello psicoterapico basato essenzialmente sulla catarsi e sul gioco dei ruoli, attribuendo alle nozioni di spontaneita' e creativita' la funzione di capisaldi teorici del suo modello nonche' quella di salvatori dell'umanita' e dell'identita' soggettiva, alienate dall'inarrestabile evoluzione tecnica e culturale.
Con la lettura operata dai coniugi Lemoine, lo Psicodramma si viene a caratterizzare come un dispositivo terapeutico non soltanto orientato e finalizzato ad indagare le difficolta' quotidiane degli individui e la loro sofferenza psichica ma, piuttosto, come uno strumento mediante il quale e' possibile accedere ad una piu' profonda conoscenza di se'.
Lo Psicodramma Freudiano, cosi come viene proposto dai Lemoine, trova la sua collocazione all'interno dell'articolazione delle tre categorie freudiane, anche se espressamente evidenziate e sviluppate da Lacan, dell'Immaginario, del Simbolico e del Reale.
Individuato perlopiu' nell'Immaginario il campo di collocazione dello Psicodramma Freudiano, e' l'inconscio, nel suo inestricabile rapporto con il discorso dell'Altro, che viene esplorato, utilizzando non solo il "campo della parola e del linguaggio" ma anche la corporeita' come altro registro narrativo che si offre agli sguardi dei partecipanti e che non mente.
Tale caratteristica trova nel "gioco psicodrammatico" o "rappresentazione psicodrammatica" ed in special modo nella tecnica dell'inversione dei ruoli, il momento di massima concretizzazione, dovendo il soggetto assumere il corpo dell'altro, incarnandone il desiderio supposto, prendendo nello spazio reale il suo posto e riproducendo per i terapeuti ed i partecipanti al gruppo, rappresentanti della propria costellazione edipica, cio' che fa parte del proprio immaginario.
La matrice dello Psicodramma Freudiano e' riconducibile al "gioco del rocchetto" o del "Fort-da'", descritto da Freud nel 1920 nello scritto "Al di la' del principio di piacere".
L'equazione simbolica in cui e' inserito il rocchetto, usato a rappresentare la presenza-assenza della madre, e' trasposta nel gioco psicodrammatico che, tratto dal discorso dei pazienti e grazie alla sua funzione simbolica, permette di non rimanere prigionieri dell'immaginario e del delirio.
Infatti, affinche' ci sia "gioco" e non semplice ripetizione allucinata, e' necessario si accetti un'esperienza di perdita che il "gioco" permette solo di riparare e non di annullare.
Il "gioco psicodrammatico" si connota, quindi, come ripresentazione di episodi accaduti nel passato o nella vita fantasmatica notturna, svelando al soggetto la propria divisione costitutiva e facendo si che questi acceda alla dialettica con l'Altro - con la sua Domanda e con il suo Desiderio - il cui posto e' occupato ora dal padre, ora dalla madre ecc., mostrandone cosi le sue trappole alienanti nel momento in cui si assoggetta ad esso.
Il ricorso al pensiero di Lacan secondo cui "il desiderio del soggetto e' il desiderio dell'Altro", da intendere sia come desiderio di possedere l'Altro nella sua veste reale, sia nel senso di desiderare cio' che l'Altro - o colui che e' posto dal soggetto in questo luogo - desidera, permette di comprendere quanto importante sia passare attraverso questo desiderio a cui ogni individuo e' assoggettato, per uscire dal vicolo cieco dell'alienazione e dell'afanisi, la sparizione del desiderio soggettivo.
"Rappresentare e' presentare di nuovo, presentare una seconda volta. Ma la seconda rappresentazione non e' uguale alla prima" dice Paul Lemoine.
Infatti, la' dove difese ed inibizione predominavano la prima volta, la seconda rappresentazione permette la ripresa di un discorso interiore rimasto bloccato e che l'esperienza psicodrammatica svela essere quello edipico e quello delle generazioni: "si tratta del discorso attraverso il quale il soggetto si inserisce nella discendenza familiare, occupando il posto simbolico che il destino gli ha assegnato".
La differenza propria dello Psicodramma Freudiano rispetto all'esperienza del gioco del rocchetto, dunque, consiste nel fatto che l'Io ausiliare, il partecipante al gruppo che e' scelto dal paziente autore del racconto per impersonare il personaggio della scena da giocare individuata e scelta dall'animatore, risponde: cosi', invece di una ripetizione identica alla scena originaria, come un rocchetto, le modifiche apportate dall'Io ausiliare con le sue risposte, costituiscono altrettanti motivi per assumere una distanza critica rispetto alla situazione ripresentata e rivissuta.
La distinzione, inoltre, dei due momenti presenti nello Psicodramma Freudiano, quello del "racconto" e quello del "gioco", permette di introdurre il godimento, godimento che si avvale della strada del simbolico, quella della rappresentazione, per essere realizzato.
Il piacere di giocare e', in un certo senso, il piacere di fare il lutto consistendo, quest'ultimo, nel passaggio dal reale al simbolico.
E' questo, il piacere del ritrovamento della parola e della reazione negata nell'esperienza traumatica, piacere che si colloca nel registro del "da'" del gioco del rocchetto, del ritrovamento della soggettivita', laddove, nella prima volta, vi era stata elisione.
Si puo', inoltre, definire lo Psicodramma Freudiano come la sede delle identificazioni che dinamizzano ed organizzano il gruppo, anche se ciascun soggetto si avvale del dispositivo gruppale per sviluppare il proprio discorso e per accedere alla propria verità soggettiva.
Attraverso lo sguardo, uno dei quattro "oggetti" teorizzati da Lacan, nonche' legame erotico essenziale, il soggetto puo' avere accesso alle identificazioni alienanti in cui e' preso riconoscendone il senso implicito del "l'altro ed io siamo simili" nonche' il valore mistificante e difensivo dell'identificazione rispetto al proprio desiderio.
Sguardo, identificazione e transfert sono, nello Psicodramma Freudiano, strettamente dipendenti, determinandosi a vicenda.
Il transfert, in particolare, da distinguere in "laterale" - quello sugli altri membri del gruppo dove l'identificazione e' debitrice soprattutto verso lo sguardo, essendo il tratto unario cio' che viene percepito e "catturato" dai partecipanti al gruppo, al di la' di qualsiasi intervento di parola - o quello sul terapeuta, transfert sul "Soggetto Supposto Sapere", oscilla tra l'uno e l'altro a seconda dell'importanza data dai partecipanti al terapeuta o ai membri del gruppo.