Scuole e Corsi - Psicologia - Psicoterapia - Comunicazione, Marketing e Risorse Umane

Psicoanalisi: La correlazione Center To Center in Analisi
di Romano Biancoli


1.
Dopo una vita dedicata alla psicoanalisi, Erich Fromm scrive "To Have or to Be?", pubblicato nel 1976.
Egli ha piu' volte affermato che che le sue teorie sono basate sulle sue esperienze cliniche, ed infatti noi possiamo notare che via via, fin dagli anni '40, le pagine o le proposizioni dedicate all'arte psicoanalitica convergono nel definire un "orientamentamento centrato sul possesso" e un "orientamento centrato sull'attivita'", che si volgono rispettivamente nella "modalita' dell'avere" e nella "modalita' dell'essere".

Nella modalita' dell'avere l'accento affettivo dell'esperienza e' posto sulle cose che si hanno, il proprio corpo, la propria intelligenza, la propria bravura, la propria automobile, la propria casa, ecc.
L'identita' della persona tende a ritrovarsi in un deposito di cose.
Il passato diventa una serie di fatti, un inventario di eventi e possessi.

Cio' che si possiede si puo' perdere, ogni cosa e' a rischio (1976, pp. 347-349).
Le tecniche socialmente previste di fuga dall'alea sono ampiamente trattate nei testi di scienza economica e di gestione delle imprese, perche' la modalita' dell'avere e' talmente radicata e diffusa da fornire l'illusione che essa sola sia la realta' e da apprestare tutti gli strumenti per comprenderla ed esprimerla.
L'intero sistema di vita sociale pone in atto un filtraggio sottile e inconscio dell'esperienza umana.
I contenuti dell'esperienza, individuale e collettiva, vengono selezionati da "filtri" sociali (1960, pp. 323-327) e in gran parte trattenuti nell'inconscio.
Vengono specialmente vagliate le percezioni sottili e complesse, a seconda dei loro significati.

Determinante funzione di filtraggio e' svolta dalla lingua.
Il vocabolario puo' non offrire parole per date esperienze e presentare invece una ricca gamma di vocaboli per altre, che diventano cosi' coscienti in tutta la loro complessita' di sfumature.
Anche la grammatica, la sintassi, l'etimologia consentono alle varie lingue differenti modi di percezione e di assunzione consapevole delle esperienze.
Un altro filtro e' quello logico, che sulla base di regole di pensiero porta a scartare dalla coscienza tutto cio' che appare illogico.
Un terzo filtro riguarda i contenuti che vengono sperimentati, esistendo in ogni societa' dei tabu' che impediscono la consapevolezza di dati pensieri, sentimenti, emozioni.

Si comprende come la modalita' dell'essere non si presti molto a venire descritta a parole (Bacciagaluppi & Biancoli, 1993).
Sia perche' non le sono state destinate molte parole, sia perche' non consta di solo intelletto, il movimento di esperienza che le e' proprio non si lascia catturare da una concettualizzazione logico-formale.
I contenuti intellettuali non sono certo esclusi dalla modalita' dell'essere, ma non bastano a rappresentarlo, concorrendovi in unita' sensazione, emozione, sentimento, fantasia, parola e silenzio.
L'esperienza totale e immediata di essere un centro attivo in funzione, un se', va vissuta nel suo movimento senza oggettivarla in una rappresentazione intellettuale.

L'esperienza di un agire interno, di un'autoproduzione che vivamente si correla al mondo, non si lascia squadrare in un discorso definito e chiuso.

La totalita' di una esperienza umana, colta secondo la modalita' dell'essere, puo' dissociarsi sul filo della rottura tra pensiero discorsivo e sottostante contenuto esperito, vissuto.
L'esperienza nella sua integrita' di senso viene rimossa,si inabissa nell'inconscio, mentre il concetto, e la parola che lo dice, usurpano il posto della totalita' e cadono nella modalita' dell'avere.
E' il cammino dell'alienazione dall'essere all'avere: al sentire subentra il pensiero di un sentimento, all'emozionarsi il pensiero di un'emozione.

L'esperienza globale non c'e' piu'.
La sua rappresentazione verbale e' svuotata e cristallizzata e diventa un oggetto, una cosa da possedere, da avere.

Una via di falsificazione del se' e' quella di limitarsi a pensarlo anziche' sperimentarlo, sentirlo, cosi' da ridurlo a oggetto, a cosa posseduta (Fromm, 1968a, pp. 322-325).
2.
Nella modalita' dell'avere il passato e' sentito come magazzino di ricordi.
Si hanno ricordi cosi' come si hanno cose.
Il tempo e' solo cronologico e il presente non e' che il prolungarsi del passato.

La seduta di psicoanalisi puo' riscattarsi dalla modalita' dell'avere rivolgendosi alla memoria vivente del paziente, che rappresenta il passato rivissuto nel presente, secondo la modalita' dell'essere, che non e' fuori del tempo, ma non ne e' governata (1976, p. 361).
L' "hic et nunc" della seduta puo' resuscitare il passato, renderlo attuale e immediato, vivo in questo momento.
Anche il futuro puo' essere soggettivamente anticipato in un "hic et nunc" gestativo.

Una paziente di trentuno anni mi racconta il seguente ricordo d'infanzia: "Andavo a trovare mia nonna all'ospedale. Io avevo la bambola. Le infermiere la scambiarono per il mio fratellino".

Lei sta parlando con naturalezza e io sento che qualcosa di importante e vero e' li' che emerge.
Chiedo a conferma: "La bambola fu scambiata per il suo fratellino?" Mi risponde con un "si'" spaesato, come se fosse la prima volta che ci pensa.

Nel suo sguardo c'e' smarrimento, poi inquietudine, preoccupazione. Io non insisto con le parole e le sorrido.
Ora i suoi occhi incontrano i miei e dopo un attimo si placano in una specie di assenso consapevole.
In quell'attimo, il passato e' il presente.
Nell'equivalenza fra una bambola e un bambino c'e' molto della sua vicenda psicoaffettiva.
La mia impressione dell'istante, che in seguito ho riscontrato vera, e' che questa donna sia in grado di comprendere l'episodio nel modo seguente: le infermiere per gioco le dicono che la bambola e' il suo fratellino, lei bambina crede che loro lo credano, lei adulta ricostruisce lo svolgimento dei fatti secondo il principio di realta'.

Se la paziente credesse ancora oggi che davvero le infermiere pensavano che la bambola fosse il suo fratellino, sarebbe psicotica.
Ma in un attimo ci siamo intesi senza parole: quello delle infermiere era un gioco. Invece, non era un gioco il suo, o non era solo un gioco di bambina di cinque anni.
La bambina non vedeva che le infermiere scherzavano, perche' esse dicevano cio' che anche lei sentiva: c'era una madre bambina che aveva due bambole, una grande (la paziente) e una piu' piccola (la bambola-fratellino).

Avrei potuto invitare la paziente a produrre "libere associazioni", in modo da farla parlare sulle bambole, sulla nonna ammalata, sui suoi rapporti con gli altri bambini, sulla mamma, in modo cioe' da raccogliere informazioni, sapere piu' cose su di lei.
Sopratutto, secondo Freud (1913-14), applicando la "regola di base" ci si avvicinerebbe ai contenuti rimossi e si favorirebbe la loro scoperta.
La critica di Fromm al metodo delle libere associazioni si accompagna al riconoscimento della sua modernita' e comparabilita' all'arte moderna che distrugge la forma e i nessi logici convenzionali (1968b).
Le libere associazioni spesso si riducono a un gioco verbale che favorisce le resistenze (Ibid.).
Fromm valuta la corrispondenza, nella psicoanalisi freudiana, tra le libere associazioni del paziente e l' "attenzione fluttuante" dell'analista: questo rapporto facilmente conduce ad una situazione di parole che si allontana dai contenuti rimossi (Ibid.).
L'attenzione fluttuante e' un atteggiamento corretto, pero' non sufficiente.

L'analista deve anche concentrarsi, per creare un clima intenso e vitale nella seduta.
Il paziente deve sentire la partecipazione dell'analista, sentire che l'analista sente.
L'analisi e' un dialogo tra analista e analizzando, volto a stabilire chi e' quest'ultimo e perche' e' cosi'.
Il dialogo si basa su risposte emotive e reazioni comunicate reciprocamente.
A cio' che comunica la persona analisi l'analista reagisce emotivamente e comunica la propria reazione (Ibid.).
3.
Quando la paziente mi dice che la sua bambola fu scambiata per il suo fratellino io ho una reazione emotiva, che esprimo con una domanda.
Le sue parole sono semplici, ma il significato reca un enigma sfumato, sottile, che facilmente puo' passare come comunicazione ovvia, banale.
La mia domanda a lei e' esplorativa anche verso me stesso: cosa stiamo sentendo? La sua risposta, il "si'" spaesato, la voce, gli occhi, questa sua complessa reazione emotiva alla mia domanda mi apre a lei, mentre lei si apre a me.

Vedere la persona da dentro dissolve il concetto di interpretazione o, meglio, come dice Fromm (1968b), e' l'interpretazione ideale, quella in cui l'analista sente cio' che l'analizzando sente senza saperlo.
Nel distinguere tra il vedere da fuori una persona e il vederla da dentro, Fromm cita i nomi di Bergson, Whitehead e Santayana (idem).
C'e' un passo dell' "Introduction a' la métaphisique" di Bergson che con poche parole scolpisce questa idea:

"...i filosofi, nonostante le loro divergenze apparenti, concordano nel distinguere due modi profondamente diversi di conoscere una cosa.
Il primo implica che si giri intorno alla cosa; il secondo, che si entri in essa"
(Bergson, 1903, pp. 41-42 ed. it.)
.

Fromm afferma che la relazione tra analista e paziente deve essere "center-to-center" (1960, p. 333), che per comprendere una persona non basta sapere delle cose su di lei.
Scrive: "L'analista comprende il paziente solo nella misura in cui esperimenti in se stesso tutto cio' che esperimenta il paziente" (Idem).
Per suscitare una correlazione "center-to-center" non bastano le informazioni sul paziente, le esplorarazioni della sua periferia, ma bisogna sperimentare cio' che il paziente sta sperimentando, porsi al centro di lui, cosi' da vederne la totalita' che vive come totalita' funzionante, il movimento interno che esprime le manifestazioni esterne (1968b).
Questo rende possibile all'analista di sentire in se' quel che il paziente sente ma non e' ancora consapevole di sentire.
Fromm pone un suggestivo parallelo tra la disposizione dell'analista e quella del romanziere che vede i suoi personaggi muoversi secondo la loro logica interna (Ibidem).

La mia paziente non vuole figli, teme di avere figli.
Non e' capace di rapportarsi ai bambini, sente odio per loro.

Questo impedimento a vivere e' nel "center" della persona davanti a me in questo momento.
Qui c'e' una donna che in parte e' rimasta una bambina irrigidita dalla paura e dallo sgomento.
Qui c'e' l'incapacita' di giocare della bambina, che oggi diventa limitazione di creativita', come insegna Winnicott (1971).
E' gelato il rapporto con la spontaneita', e dunque con i bambini e la loro interattivita'.
Il passato e' qui presente e il futuro anche e' qui ora, certamente come destino di donna, ma molto piu' come individuo umano che teme il rapporto implicante, il rischio della vita che e' mutamento continuo.
Non solo i bambini teme e odia questa donna, ma anche le persone vivaci, per la cui vitalita' sente pero' un'attrazione inconscia che la indispettisce.
Il dispetto esprime il conflitto.
Quando le chiedo se le infermiere credevano che la bambola fosse il suo fratellino, lei non risponde con un "si'" netto e preciso, ma con un "si'" perplesso, dall'aria smarrita.
Questo modo di rispondere rivela il conflitto tra due passioni fondamentali.
Il "si'" verbale e' detto e l'averlo detto contro il principio di realta' esprime la vigenza del sentire infantile, la fissazione a un mondo dove i bambini non sono rispettati e amati, ma solo accuditi.
Alla bambina e' stata inibita la fede nella vita.
Un realismo alterato e perturbante la convinse che la vita si volge alla morte, che i processi si spengono, che i bambini e le bambole sono intercambiabili.
La passione fondamentale che fa rispondere "si'" alla paziente sta in una strategia di sopravvivenza (Silva-Garcia, 1988) che la adegua al clima affettivo della sua famiglia, senza tenerezza, senza slanci, senza gioia.
Richieste accorate d'affetto, vivacita', spontaneita' incontrano la disapprovazione e percio' la bambina le rimuove.

Il bisogno di appartenere alla famiglia, la paura di restare sola e abbandonata, la fissano al vecchio mondo, a quell'orizzonte meccanico che fa dire "si'" all'equivalenza tra bambola e bambino.

Ma il "si'" e' detto con una voce flebile e diversa da quella solita, con uno sguardo spaesato, con un'espressione complessiva perplessa.
C'e' un'altra passione fondamentale che frena quel "si'", che vorrebbe dire "no!", che una bambola e' una bambola e un bambino e' un bambino, come ovviamente sapevano le infermiere che intendevano scherzare ed entrare nel gioco normale di una bambina con la sua bambola.
Ma questo sano realismo non trova voce verbale.
Si tratta del realismo che ha sempre percepito che la vita e' gestazione, generazione, sviluppo, ma che non e' riuscito a prevalere.
Questa passione biofila vuole da sempre la crescita della paziente come persona, come donna che vive liberamente e pienamente i suoi affetti.

Tutto cio' si vede nel suo movimento dall'interno della persona, dal suo "center".
La mia domanda incontra una duplice risposta.
La incontra perche' l'ascolto non e' solo ascolto di parole, ma un modo di essere presente.

L'attenzione fluttuante si accompagna all'intensita' della presenza dell'analista, che si puo' paragonare all' "acqua di uno stagno, che esercita una pressione uniforme su tutta la superficie del fondo, pronta ad entrare nella piu' piccola fessura che si apra" (Silva-Garcia, 1988).

La fessura aperta dalla paziente e' un tono di voce, un'aria stupita e spaesata.

Con un sorriso le confermo la appropriatezza non della sua risposta verbale, che e' patologica, ma dell'altra risposta, che consiste in una sorta di sabotaggio della prima, in una alterazione di voce, in uno sguardo perso.
Le confermo la parte sana e adulta.
A questo punto mi guarda negli occhi, ed e' un attimo, lo sguardo smarrito scompare.
Ora i suoi occhi convengono con me.

Il mio tentativo terapeutico e' quello di darle il senso che riconosco il suo se' reale nel conflitto.
E' stato notato (Bacciagaluppi, 1989) come Fromm, e la Horney ancor prima, anticipino la distinzione di Winnicott tra vero Se' e falso Se'.

Anche nel suo ultimo libro (1979, p. 310) Fromm scrive che l'analisi puo' raggiungere la identita' originaria di una persona, l'identita' alla nascita, costituita da potenzialita' geneticamente date.
Nel carattere attuale di una persona possiamo vedere quanto le componenti originarie siano state favorite o contrastate dalle successive esperienze.
Possiamo vedere fino a che punto i tratti di carattere imposti dalla famiglia e dalla societa' abbiano prevalso e sostituito la vera identita' con una falsa identita' (Idem).
4.
La correlazione "center-to-center" tra analista e paziente e' teorizzata da Fromm nel libro "Zen Buddhism and Psychoanalysis" del 1960.
A me sembra che tutta la problematica della differenza tra il sapere delle cose sul paziente, standone al di fuori, e lo sperimentare cio' che il paziente sperimenta, vedendolo dal di dentro, venga ulteriormente illuminata dalla distinzione successiva tra modalita' dell'avere e modalita' dell'essere.

Vedere un'altra persona dal di dentro e' un paradosso (Biancoli, 1992), perche' bisogna diventare lei e al tempo stesso rimanere se medesimi.
La logica del rapporto soggetto-oggetto non permette al soggetto di essere se stesso e di essere insieme l'oggetto.
Questa logica e' uno dei filtri sociali di cui Fromm parla.
La modalita' dell'avere si serve della separatezza del soggetto dall'oggetto.
Ma in analisi abbiamo due soggetti e se non vogliamo che uno dei due divenga oggetto, bisogna trascendere la modalita' dell'avere nella modalita' dell'essere, la quale sa esprimersi anche nella logica paradossale.

La specificita' dell'offerta che l'analista fa al paziente e' la competenza (1968b).
Il rapporto psicoanalitico non e' propriamente un rapporto d'amore, o un rapporto d'amicizia, ma e' invece caratterizzato dalla specifica competenza dell'analista di essere il paziente mentre e' se stesso.
Si tratta di una attivita' interiore che si accresce e si affina con l'esercizio di scoprire la propria umanita' nell'altro, di sperimentare l'universale umano in se' e negli altri.

Le informazioni sul paziente, la conoscenza della sua periferia possono preparare il terreno alla sua comprensione come totalita' in atto, pero', da sole, non portano al suo "center".
Nella correlazione "center-to-center" la comprensione e' improvvisa (1957, p. 26), anche se puo' essere favorita dal lavoro precedente.
Questa comprensione insorge nell'analista come sua risposta a cio' che il paziente globalmente gli comunica.

Attivando un dialogo, l'analista, anche lui globalmente, esprime al paziente cio' che ha compreso.
A sua volta il paziente reagisce: o difendendosi, o scorgendo un limite nell'analista, o convenendo con lui in vari modi.
La comprensione puo' essere avvertita liberatoria oppure drammatica.
Se essa comporta il diventare conscio di un contenuto rimosso, Fromm la designa col termine "derimozione" (1960) o con la parola spagnola "concientizacion" (1989, p. 96).

Sperimentare quel che sta sperimentando un altro individuo e' possibile solo in assenza di ogni tipo di posesso.
Per questo la correlazione "center-to-center" e' impedita dalla modalita' dell'avere, la quale in analisi consente solo di raccogliere delle informazioni sulla vita del paziente, di interpretarle, di organizzarle intellettualmente in ricostruzioni ipotetiche del passato, senza rapportarsi al palpito del "center", che muove la periferia della persona e le sue realta' manifeste.
Il contatto profondo si raggiunge solo nella modalita' dell'essere.
Come l'amore puo' dare la conscenza completa di un'altra persona, cosi' l'arte della psicoanalisi puo' consentire all'analista di entrare nel centro del mondo dell'analizzato e di vedere le linee di movimento della sua personalita' totale.

Queste considerazioni aiutano a comprendere perche' secondo Fromm la psicoanalisi sia piu' un'arte che una tecnica (1978).

Comprendere una persona e' come comprendere una poesia.
L'arte si applica solo a cio' che e' vivo, mentre la tecnica, anche se nasce come insieme delle regole di un'arte, tende a farsi tecnologia e alienarsi nelle sue applicazioni a cose morte.

La tecnica psicoanalitica corre il rischio di cristallizarsi (Lesser, 1992), di irrigidirsi e di esprimere la modalita' dell'avere.
Nella modalita' dell'essere la psicoanalisi e' un'arte che si rivolge alla vita delle persone, non una tecnica formalizzabile.

L'unico significato della parola tecnica che si puo' accogliere e' quello originario, cioe' appunto quello di insieme di regole dell'arte psicoanalitica.
BIBLIOGRAFIA
  • Bacciagaluppi, M. (1989) - Erich Fromm's Views on Psycoanalytic "Technique".
    Contemporary Psychoanalysis. 28, 226 243.
  • Bacciagaluppi M, Biancoli R. (1993) - Frommian Themes in a Case of Narcissistic Personality Disorder.
    Contemporary Psychoanalysis. 29, 4: 441-452.
  • Biancoli R. (1992) - Radical Humanism in Psychoanalysis Or Psychoanalysis as Art.
    Contemporary Psycoanalysis. 28, 4: 695-731.
  • Bergson HL. (1903) - Introduction a' la métaphysique. Introduzione alla metafisica.
    Bari: Laterza, 1971.
  • Freud S. - On Beginning the Treatment (1913).
    SE 12: 123-139. London: Hogarth Press, 1958.
  • Fromm E. (1957) - Man Is Not a Thing.
    Gesamtausgabe, VIII, ed. R. Funk. Stuttgart: Deutsche Verlags-Anstalt, 1981.
  • Fromm E. (1960) - Psychoanalysis and Zen Buddhism.
    Gesamtausgabe, VI, ed. R. Funk. Stuttgart: Deutsche Verlags-Anstalt, 1980.
  • Fromm E. (1968a) - The Revolution of Hope Toward a Humanized Tecnology.
    Gesamtausgabe, VII, ed. R. Funk. Stuttgart: Deutsche Verlag-Anstalt, 1980.
  • Fromm E. (1976) - To have or to be?
    Gesamtausgabe, II, ed. R. Funk. Stuttgart: Deutsche Verlags Anstalt, 1980.
  • Fromm E. (1979) - Greatness and Limitations of Freud's Thought.
    G.A., VIII, ed. R. Funk. Stuttgart: Deutsche Verlags-Anstalt, 1981.
  • Fromm E. (1989) - Vom Haben zum Sein.
    Weinheim und Basel: Beltz, 1989.
  • Fromm E. (1968b) - Trascripciòn de seis conferencias.
    Ciudad e México, Febrero 4 - Marzo 18 de 1968. Tübingen: Erich Fromm Archives.
  • Fromm E. (1978) - Psychoanalytic "technique" - or the art of listening.
    Unpublished notes. Tübingen: Erich Fromm Archives.
  • Lesser R.M. (1992) - Frommian Therapeutic Practice.
    Contemporary Psychoanalysis 1992; 28, 3: 483-494.
  • Silva-Garcia J. - Unpublished Seminar held in Bologna,
    Istituto Erich Fromm di Psicoanalisi Neofreudiana, May 1988.
  • Winnicott DW. - Playing and Reality.
    London: Tavistock Publications, 1971.