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Intervista al Prof. Aristide Saggino: Psicoterapia cognitiva comportamentale e gli "attrezzi del mestiere"
di Redazione


Prof. Aristide Saggino
Psicoterapeuta, Professore ordinario Università Chieti-Pescara, Direttore Scientifico della Scuola Quadriennale di Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva del Centro per lo Studio della Personalità (C.S.P.).

Intervista al Prof. Aristide Saggino: Psicoterapia cognitiva comportamentale e gli "attrezzi del mestiere"

1) Prof Saggino, nel panorama delle scuole ad orientamento cognitivo comportamentale in cui la Scuola Quadriennale di Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva del Centro per lo Studio della Personalità (C.S.P.) rientra, in che modo la scuola da Lei diretta si caratterizza? Quali le specifiche del modello formativo proposto dal CSP?
La nostra scuola, rispetto alle altre scuole di orientamento cognitivo-comportamentale (CBT), si caratterizza soprattutto per due elementi principali. Il primo di questi elementi è che vogliamo formare professionisti che abbiano maggiori possibilità di avere successo nel mondo del lavoro e quindi di guadagnarsi da vivere con la professione di psicoterapeuta.
Il secondo è che insegniamo tecniche basate sull'evidenza scientifica, ossia che hanno a favore della propria efficacia le stesse prove che hanno i farmaci e le altre terapie mediche (ossia trial clinici controllati e randomizzati); qualunque altra tecnica di ricerca -e lo affermo da Professore Ordinario di metodologia nei corsi di laurea in psicologia- non può neanche lontanamente sostituire i trial clinici controllati e randomizzati nella valutazione dell'efficacia delle psicoterapie.
Questi due elementi sono strettamente collegati, perché oggi per emergere all'interno della professione psicoterapeutica e, quindi, per avere successo professionale e guadagnarsi da vivere con questa professione bisogna essere in grado di risolvere i problemi dei nostri pazienti. Se non siamo in grado di fare questo i pazienti si rivolgeranno ad altri psicoterapeuti. Ma per raggiungere questo obiettivo è essenziale imparare ad utilizzare solo le tecniche che funzionano. Come scegliamo infatti noi un medico quando abbiamo un problema fisico? Innanzitutto, scegliamo un medico competente, ossia che sia in grado di guarire il nostro problema fisico. Perché, quindi, un paziente con un disturbo psicologico dovrebbe fare diversamente?
Utilizzare tecniche efficaci secondo la ricerca scientifica ci aiuta enormemente a raggiungere questo obiettivo, mettendoci all'avanguardia rispetto agli psicoterapeuti che usano tecniche non basate sull'evidenza scientifica.
2) All'interno del modello teorico e formativo come viene considerata la psicopatologia e quale lo scopo della psicoterapia?
Lo scopo della psicoterapia cognitivo-comportamentale scientifica è quello di guarire i disturbi psicologici e psichiatrici allo stesso modo in cui lo scopo della medicina consiste nel guarire le malattie del corpo. Come il nostro medico di famiglia diagnostica il problema per il quale ci rivolgiamo a lui prima di decidere a quale trattamento sottoporci anche nel nostro modello terapeutico se lo psicoterapeuta sbaglia la diagnosi sbaglia anche la terapia.
La depressione, per esempio, nel modello cognitivo-comportamentale della nostra scuola deriva dagli schemi disadattivi, ossia disfunzionali, del paziente e dagli errori cognitivi che fanno sì che il paziente tenda ad interpretare in modo sbagliato la realtà. Sono ovviamente altrettanto importanti i comportamenti disfunzionali del paziente (ad esempio, stare a letto per ore anche di giorno, evitare di frequentare altre persone o rifiutarsi di andare al lavoro). L'interazione tra questi comportamenti disadattivi, gli schemi disadattivi e gli errori cognitivi contribuisce alla genesi del disturbo depressivo. Proprio nel caso della depressione, che rappresenta il disturbo psichiatrico più diffuso, la terapia comportamentale e cognitiva rappresenta l'intervento più efficace, secondo la ricerca sperimentale, tra tutti i tipi di psicoterapia. È importante partire prima dalle tecniche comportamentali e poi pervenire a poco a poco, se necessario, a quelle cognitive perché le prime funzionano con tutti i pazienti e sono sicuramente maggiormente efficaci secondo la letteratura scientifica più recente. Su questo disturbo, che ripeto è particolarmente diffuso, abbiamo modelli terapeutici estremamente efficaci.
3) Nel piano didattico della Scuola particolare rilevanza viene attribuita alla formazione personale dell'allievo, in che termini è intesa questo tipo di formazione e quale la finalità?
La nostra scuola dà molta importanza alla supervisione che non consiste in una psicoterapia personale, ma nella supervisione dei casi clinici trattati dai nostri allievi in piccoli gruppi al massimo di 4-5 allievi.
Gli obiettivi della supervisione sono diversi.
Il primo
è che senza la supervisione non avremmo neanche l'accreditamento europeo per tutti i diplomati della nostra scuola, perché la supervisione è prevista dalle norme europee.
Il secondo è che ci teniamo particolarmente a che i nostri allievi escano dai nostri corsi in grado di trattare casi clinici già dal giorno successivo al diploma e che siano pertanto pronti ad entrare nel mondo del lavoro con le competenze necessarie. A cosa servirebbe una scuola post-laurea di formazione in psicoterapia se non è in grado di rendere operativi i propri diplomati già dal giorno successivo al diploma? Qui stiamo parlando di scuole di formazione post-laurea e non di un ennesimo corso teorico.
Un terzo obiettivo della supervisione è quello di insegnare all'allievo non solo gli aspetti tecnici della psicoterapia cognitivo-comportamentale, ma anche quelli relazionali (come relazionarsi con il paziente, ad esempio) e quelli personali (ad esempio, come rilevare ed affrontare aspetti di gestione professionale legati a fattori di natura personale del terapeuta). La supervisione presenta anche un ulteriore vantaggio per l'allievo: gli permette già dall'inizio del terzo anno di poter avere dei pazienti in trattamento proprio perché è in supervisione.
4) Provando ad immaginare la Scuola come una "bottega artigiana" quali gli attrezzi e gli strumenti che l'allievo potrà ritrovarsi nella propria "cassetta di lavoro" a conclusione della formazione?
Innanzitutto, l'allievo si troverà nella cassetta della sua formazione tecniche e protocolli psicoterapeutici non basati sulle chiacchiere, ma che funzionano in base alle più recenti evidenze della ricerca scientifica. Inoltre, si troverà un'esperienza clinica di casi trattati con la supervisione di terapeuti esperti che lo metteranno in condizione di avere le competenze per lavorare immediatamente subito dopo il diploma senza una ulteriore costosa formazione. Si ritroverà poi anche con un diploma riconosciuto dalla European Association of Behavioural and Cognitive Therapies (EABCT) che gli darà maggiori possibilità di riconoscimento del titolo acquisito all'estero. Infine, diventerà socio ordinario della Associazione Italiana di Analisi e Modificazione del Comportamento e Terapia Comportamentale e Cognitiva (AIAMC) con tutti i vantaggi che questo comporta. Solo per citarne alcuni: l'utilizzo gratuito del test CBA, varie riviste scientifiche in omaggio e la possibilità di essere inserito sul sito AIAMC su Cerca terapeuta, un motore di ricerca che permette agli iscritti gratuitamente di essere contattati dai pazienti che necessitano di un terapeuta.
5) Professore nel suo percorso formativo e maturativo come terapeuta, prima di diventare un "maestro" anche lei è stato un allievo, magari ricorda in particolare un dubbio o una difficoltà che può aver incontrato, cosa è stato per lei importante per affrontarli e risolverli?
Forse la cosa più simpatica che ricordi, che ha a che fare con il "dubbio" forse più significativo che abbia avuto, è la seguente: come tutti i giovani studenti di psicologia della mia generazione mi ero iscritto a questo corso di laurea per poi diventare psicoanalista. Pertanto, avevo letto buona parte dell'opera di Freud e di altri psicoanalisti e conoscevo molto bene la teoria psicoanalitica. Senonché un giorno mi venne l'idea di scrivere su di un foglio di carta le definizioni che Freud dava nelle sue varie opere dei suoi concetti fondamentali e scoprii che le definizioni erano piuttosto diverse l'una dall'altra. Allora mi chiesi: come può essere vera una teoria che non è d'accordo neanche sulla definizione dei propri costrutti? E cominciai a cambiare idea. Il cambio definitivo avvenne però con l'incontro con uno dei libri fondamentali della psicoterapia comportamentale e cognitiva (Wolpe Tecniche di terapia del comportamento), che dovevo studiare per un esame. Rimasi colpito dal fatto che questo autore, dopo avere brevemente esaminato la storia della psicoterapia, concludeva scrivendo qualcosa come: "Qui finisce la storia della psicoterapia prescientifica e comincia quella della psicoterapia scientifica". Il resto del libro era dedicato a tecniche di intervento corredate da tabelle e grafici sull'efficacia dell'intervento proposto. Non avevo mai letto un libro del genere. Da quel momento cambiai opinione per sempre.
6) Per concludere, sulla base dell'ampia esperienza maturata sul campo, tanto quello clinico quanto quello didattico, cosa secondo Lei fa di uno psicoterapeuta un buon psicoterapeuta?
Il considerarsi prima allievo di Galileo Galilei e poi di questo o quell'altro psicoterapeuta. In altre parole, deve considerarsi uno scienziato applicato, secondo il modello anglosassone che prevede proprio questo modello per la professione di psicologo clinico e di psicoterapeuta. Lo studio del comportamento umano, come ripeto sempre ai miei studenti all'Università, come lo studio di tutti i fenomeni che caratterizzano il mondo in cui viviamo, fa parte delle scienze naturali e può essere studiato solo con i metodi delle scienze naturali. Non esistono alternative.
Lo psicoterapeuta di oggi deve essere uno psicoterapeuta moderno. Deve sapere che si può utilizzare il computer per essere aiutati nella conduzione di una psicoterapia, deve saper fare diagnosi secondo i modelli diagnostici più recenti (DSM ed ICD), deve saper utilizzare i test psicologici, sapere che esistono applicazioni che possono essere utilizzate per la psicoterapia. Insomma, deve essere uno psicoterapeuta del terzo millennio e non del secondo millennio che è terminato più di quindici anni fa!
Intervista realizzata dalla
Redazione del Centro HT


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